"Se puoi sognarlo, puoi farlo." Walt Disney

giovedì 16 marzo 2017

A tutte le donne

A tutte le donne che hanno sfidato la società, il pensiero comune, donne e uomini ancorati a una visione del mondo in cui le donne non avevano altro spazio se non quello della casa e come unico destino essere proprietà di qualcuno. 
A mia nonna, che questa festa e questa mimosa amava tantissimo. A mia nonna, che credeva nel diritto allo studio. Per tutti, uomini e donne. Perché senza il suo sacrificio, oggi, non sarei ciò che sono.


Sua madre la fissava, mentre lavava i piatti del pranzo. 
Fuori, si accumulavano nuvole di temporale. 
I suoi occhi neri le si erano appuntati addosso dal momento in cui era entrata nella stanza. 
Non c’era traccia di comprensione in quegli occhi, pensò lei. La fissavano con severità, senza comprenderla.  
Elisa si scosse e la raggiunse. Studiò l’espressione di sua madre come se fosse un rebus da decifrare, poi le chiese: «Posso parlarvi, mammai?». 
«Lo stai già facendo» fu la risposta, lievemente sorpresa.
Elisa si appoggiò contro il vetro della finestra, cercando la forza di portare fino in fondo i suoi propositi.
«Non tornerò a fare la serva» sussurrò.
La donna restò interdetta. I suoi occhi si strinsero per qualche secondo, ma non parlò.
«Mammai, ho detto che non voglio mai più fare la serva. – ripeté Elisa, con più sicurezza – Voglio lavorare, ma non così».
«E come, allora?».
Elisa si morse un labbro.
«Ho la quinta elementare. Vale tanto, lo sapete».
Sua madre la fissò, incapace di comprenderla. 
«Potrei fare un lavoro importante. – continuò Elisa, la voce che leggermente tremava sotto quegli occhi neri e insondabili – Un lavoro in un ufficio, per esempio».
La donna sgranò gli occhi.
«Un ufficio? Chiusa in un posto con altri uomini? No».
Elisa sentì montare la rabbia.
«Perché no?».
Sua madre si avvicinò, finché il suo viso non fu a un respiro da quello di Elisa.
«Perché noi siamo donne, e povere. Dobbiamo stare al nostro posto, quello che Dio ci ha dato. Tuo padre è stato troppo buono con te, permettendoti di finire la scuola. Ti ha illusa».
«Io non voglio più avere padroni» esclamò la figlia, con orgoglio.
«Ne avrai sempre uno. – le rispose l’altra duramente – Finché sei qui, ne avrai uno. E avrai tuo marito. Forse da morta, sarai libera».
Elisa si rese conto che era tutto inutile, ma non si arrese.
«Le cose cambieranno, le vostre idee verranno superate. I miei figli studieranno grazie al mio lavoro. Ve lo ripeto, non farò di nuovo la serva, e voi non potete costringermi. Questa licenza elementare che mi sono guadagnata non andrà persa».
«Sposati e fai quello che vuoi. Ma, finché stai qui, no, non puoi scegliere niente, che sia chiaro. Abbiamo bisogno che tutti lavorino, ma cose alla nostra altezza, non certo in mezzo a gente superiore a noi. Siamo poveri, questo è il nostro destino. Non possiamo pretendere di salire, dobbiamo rassegnarci a restare dove siamo».
«Vi dimostrerò che vi sbagliate» sussurrò Elisa, mentre sua madre usciva dalla stanza.

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